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Opinioni

Elisabetta Dall'Ò

Elisabetta Dall’Ò, Ph.D in Cultural and Social Anthropology, è un'antropologa culturale formatasi tra Milano (Bicocca) e Parigi (Sciences-Po). È assegnista di ricerca all’Università di Torino e si occupa di ambiente, sostenibilità, novel food, Antropocene, e cambiamento climatico. 

“Less is better”, ovvero “meno è meglio”: meno consumi, meno calorie, meno inquinamento, a vantaggio della qualità della nostra vita e di quella del Pianeta. È questa la riflessione con cui vorremmo inaugurare il nuovo anno, in risposta agli allarmanti scenari emersi lo scorso dicembre durante l’ultima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, la COP 25 di Madrid, e in accordo con l’appello degli scienziati a orientarci verso un rapido “cambio di paradigma”, verso un’inversione di tendenza rispetto al modello dominante della “crescita illimitata” basato sulla produzione incessante di merci e sul loro rapido consumo, nonché sul petrolio e le energie fossili come traino per l’economia mondiale.

Se già a partire dal ’700 — con l’avvento della Rivoluzione industriale — il nostro impatto di specie sul Pianeta ha inciso negativamente, è con il secondo Dopoguerra, a partire dal boom economico degli anni ’50, che petrolio, produzione di energia, industria, edilizia sfrenata hanno letteralmente “consumato” la Terra, “divorato” i polmoni verdi e le foreste secolari, immesso gas di ogni sorta nell’atmosfera, riempito di plastica i mari e danneggiato gli habitat di molte specie colpevoli di intralciare il cosiddetto “progresso”. Sono queste, oggi, le conseguenze dirette del “mito della cornucopia” che ci ha fatto credere in un “glorioso destino” di risorse inesauribili per poi riportarci bruscamente alla realtà, rivelandosi un modello del tutto insostenibile.

L’ultimo rapporto pubblicato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) mostra gli effetti previsti del riscaldamento globale a seconda che le temperature si innalzino nei prossimi 30 anni di 1,5 o 2 gradi. Solo mezzo grado di differenza può esporre milioni di persone a conseguenze devastanti: ondate di calore, siccità, inondazioni costiere, danneggiamento delle barriere coralline.  I giovani di tutto il mondo — si pensi al movimento Fridays For Future — si stanno mobilitando, come mai prima d’ora nella storia, per sensibilizzare sulle questioni climatiche, sulla sostenibilità, sui consumi, e per chiedere interventi strutturali efficaci nell’affrontare un’emergenza senza precedenti che riguarderà il futuro di tutti noi.

E anche in questo caso, con le nostre scelte e le nostre abitudini possiamo fare la differenza. In che modo? Il vademecum pubblicato sul sito dell’Unione Europea parla chiaro: la parola chiave per un futuro più sostenibile è “ridurre”, ovvero consumare meno e meglio, puntando alla qualità. Dalla casa all’ufficio, dalla mobilità all’alimentazione, sono tanti i piccoli gesti quotidiani che fanno la differenza per la salute del nostro Pianeta e per quella dei suoi abitanti. Adottare uno stile di vita sostenibile significa impegnarsi per ridurre il nostro impatto e per garantire alle nuove generazioni le risorse necessarie per vivere un futuro possibile. In fatto di scelte alimentari è fondamentale tenere sempre un occhio, anzi due, alla qualità e alla sostenibilità: tracciabilità e indicazioni di provenienza sono caratteristiche fondamentali per portare in tavola prodotti rispettosi dell’ambiente.