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Opinioni

Elisabetta Dall'Ò

Elisabetta Dall’Ò, Ph.D in Cultural and Social Anthropology, è un'antropologa culturale formatasi tra Milano (Bicocca) e Parigi (Sciences-Po). È assegnista di ricerca all’Università di Torino e si occupa di ambiente, sostenibilità, novel food, Antropocene, e cambiamento climatico. 

Che ci si riferisca a tutta una serie di norme che regolano il nostro stare in società o all’indicazione della qualità, della quantità, e del valore di un bene di consumo, in fatto di etichetta ed etichette abbiamo sempre qualcosa da imparare. Complici i ritmi frenetici, e la scarsa familiarità con un linguaggio di riferimento spesso molto tecnico, non dedichiamo ancora sufficiente attenzione al controllo di ciò che mettiamo nel carrello della spesa, soprattutto se si tratta di quei beni destinati a finire sulle nostre tavole o sui nostri corpi. Ma le etichette ci parlano, e ci possono fornire dati importantissimi sui prodotti che stiamo per acquistare.

Redatte secondo regolamenti europei che sanciscono quale tipo di informazioni devono riportare al fine di tutelare i consumatori - dalla tipologia e dalla qualità degli ingredienti alla loro provenienza e al paese di produzione, fino alle modalità di impiego e alla durata dei prodotti - le indicazioni in etichetta possono davvero orientare al meglio le nostre scelte di consumo.

Ancora prima di sederci a tavola compiamo, necessariamente, delle azioni che hanno profonde implicazioni etiche e delle connessioni con il nostro modo di essere in relazione con la società e con la salute del nostro pianeta. La regola generale per orientarsi nei consumi nel rispetto degli  ecosistemi è puntare alla “short label”, ovvero l’idea che più l’etichetta (e con essa la filiera) è corta e meglio è per tutti: meno ingredienti, più qualità, meno inquinamento, più sostenibilità. Un trend che oggi molte aziende si impegnano a rilanciare sul mercato, e che risponde al crescente bisogno di chiarezza e trasparenza da parte di consumatori sempre più consapevoli e attenti. E se è vero, per dirla con Feuerbach, che siamo ciò che mangiamo, è anche vero che al mondo siamo in profonda e necessaria relazione con ogni cosa: tutto è interconnesso.

Ogni nostra singola azione e scelta di consumo genera un impatto e più saremo in grado di essere sostenibili, tanto più saremo in grado di limitare le conseguenze dei cambiamenti climatici in corso a tutto vantaggio degli ecosistemi e della nostra salute. A venire in nostro soccorso sono i programmi di certificazione che garantiscono la conformità di certi prodotti a norme specifiche: in ambito di sostenibilità troviamo ad esempio Forest Stewardship Council (FSC) per i prodotti derivanti dalle foreste, Fairtrade per il commercio equo e solidale, Aquaculture Stewardship Council (ASC) per i prodotti ittici provenienti da acquacultura e naturalmente MSC per la pesca sostenibile che avviene nel rispetto dei mari e degli oceani.

E proprio per proteggere gli ecosistemi marini ci sono tante cose che possiamo fare a partire dalla lettura delle etichette. Per esempio, è  sempre bene tenere d’occhio l’INCI (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) dei cosmetici che serve per rintracciare in etichetta i diversi ingredienti che compongono i prodotti. Molte creme solari sono composte da sostanze di origine sintetica derivate dal petrolio, dannose  anche per l’ambiente marino e le barriere coralline. Infatti, quando questi composti finiscono in acqua e vengono assorbiti dai coralli, ne compromettono la capacità di riproduzione e il ciclo di crescita, causandone lo sbiancamento. A tutela degli ecosistemi marini e della barriera corallina si è mosso per primo il governo hawaiano che renderà effettivo dal 2021 il divieto di vendita di creme solari contenenti ossibenzone e octinoxate, dannose per il reef.

E oggi sono tanti, anche in Europa, gli esempi virtuosi di aziende che hanno scelto di proteggere l’ambiente e la vita acquatica abbandonando la plastica in favore di packaging riciclabili o puntando su sostanze alternative di origine naturale. Tra i marchi che certificano la qualità ecologica dei prodotti merita una menzione Ecolabel: creato dalla Commissione dell’Unione Europea nel 1992, indica che ciascuna fase del ciclo di vita del prodotto (produzione, imballaggio, distribuzione, utilizzo, smaltimento) è caratterizzata da un ridotto impatto ambientale. Il marchio viene attribuito a prodotti che generano un inquinamento acquatico e atmosferico limitato, hanno emissioni minori di gas a effetto serra e un basso consumo di energia. Da consumatori e da cittadini abbiamo così una grande occasione: poter conciliare etica ed etichetta. Non sprechiamola!