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Mentre gli effetti del cambiamento climatico sulla terra – ondate di calore e innalzamento delle temperature, aumento della frequenza di fenomeni estremi – sono sotto gli occhi di tutti, ciò che avviene sotto la superficie degli oceani è meno evidente, ma non per questo meno insidioso. 

Milano, 2 agosto 2023. L’aumento delle temperature delle acque causato dal cambiamento climatico e l’aumento della frequenza, della durata e dell’intensità delle ondate di calore marine (aumenti estremi della temperatura dell’acqua che si osservano lungo un prolungato periodo di tempo) osservato nell’ultimo secolo[1] può mettere a rischio popolazioni ittiche e la sopravvivenza di comunità costiere e sistemi alimentari, avverte Marine Stewardship Council, organizzazione non profit che promuove la salute degli oceani attraverso il suo programma per la pesca sostenibile.

Secondo le Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, da tempo l’oceano subisce gli impatti del riscaldamento del Pianeta causato dall’uomo, assorbendo la maggior parte del calore, dell’anidride carbonica e dell'energia in eccesso rilasciati dall'aumento delle emissioni di gas serra intrappolati nel sistema terrestre. Questo genera effetti a cascata, tra cui ondate di calore marino e acidificazione degli oceani, che hanno un impatto duraturo sulla biodiversità marina e sulle vite e i mezzi di sussistenza delle comunità[2].

Gli effetti del riscaldamento delle acque nel mar Mediterraneo

Hotspot di biodiversità, ma anche di cambiamento climatico secondo l’IPCC, il Mediterraneo presenta un’elevata vulnerabilità dei suoi ecosistemi e delle società che lo abitano[3]. Una recente ricerca condotta nelle acque spagnole del Mediterraneo rileva che la superficie di queste acque si riscalda a un ritmo maggiore di quello che interessa gli oceani (>2°C/100 anni) e che un innalzamento della temperatura avviene lungo tutta la colonna d’acqua[4], riducendo la possibilità per le specie di sfuggire al calore spostandosi in profondità.

Il riscaldamento delle acque sta provocando spostamenti delle popolazioni ittiche verso i poli in tutte le acque del pianeta, ma nel bacino semi-chiuso del Mediterraneo, le specie amanti del freddo non possono spostarsi troppo a nord perché sono limitate dalla terraferma, mentre le specie che preferiscono le acque calde, come quelle termofile come sardine e acciughe, si stanno espandendo a discapito delle specie pre-esistenti. I risultati più evidenti sono quello della meridionalizzazione delle acque settentrionali, ovvero la colonizzazione delle acque più fredde da parte di specie termofile e quello della tropicalizzazione, per il quale aumentano le specie provenienti dal Mar Rosso e dalla regione indo-pacifica che si stanno riproducendo con maggiore successo, spostandosi sempre più verso ovest e verso nord ed entrando in competizione per spazio e cibo con le specie locali, come nel caso del granchio blu che sta causando importanti danni ambientali ed economici alle comunità di costiera del nostro Paese. Secondo Katherine Longo, biologa marina per MSCQueste nuove specie soppiantano quelle pescate da secoli, con conseguenze importanti sulle economie locali e regionali e sulle comunità di tutti i Paesi circostanti[5]- conseguenze che saranno accelerate dalle ondate di calore come quella che stiamo vedendo quest’anno”.

Secondo David Parreno Duque, biologo marino e Fishery manager per MSC in ItaliaIl settore della pesca nel Mediterraneo è di fondamentale importanza a livello sociale ed economico e in quanto tale va preservato attraverso l’adozione di pratiche di pesca sostenibili che aiutino i pescatori ad adattarsi agli inevitabili mutamenti che avverranno nelle nostre acque. I governi devono dare priorità alla gestione sostenibile delle risorse ittiche per contribuire a garantirne la resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici”. Per contribuire alla sostenibilità della pesca in Italia, attraverso il progetto BluFish MSC lavora al fianco di pescatori e alla filiera ittica per migliorare le pratiche ambientali della pesca sulla base degli indicatori scientifici contenuti nel suo Standard per la pesca sostenibile.

Il caso emblematico dei piccoli pelagici del nord est Atlantico

Quando a causa del riscaldamento delle acque le specie ittiche attraversano i confini di gestione tra diversi paesi, la mancanza di un monitoraggio e di una gestione condivisa può portare al sovrasfruttamento della risorsa, come nel caso dei piccoli pelagici nell’Atlantico Nord Est in cui Regno Unito, Norvegia, Unione Europea, Islanda, Fær Øer, Groenlandia e Russia non riescono a concordare la spartizione delle quote di pesca delle rispettive flotte per far sì che le catture totali restino in linea con i limiti stabiliti dal parere scientifico.

 

L’innalzamento della temperatura delle acque potrebbe inoltre diminuire la capacità riproduttiva dello sgombro, dell'aringa atlantico-scandinava e del melù che dipendono dalle acque più fresche dell'Atlantico settentrionale per riprodursi, con conseguenze a catena sugli ecosistemi oceanici e sull’approvvigionamento ittico[6]. Il dottor Olav Sigurd Kjesbu, scienziato dell’Institute of Marine Research, Norvegia, afferma: "Sappiamo che queste popolazioni di pesci pelagici sono sensibili ai cambiamenti di temperatura. Abbiamo già visto che il clima influisce sulla loro distribuzione, sulla loro capacità di deporre le uova e sui loro tassi di mortalità. Il rapido riscaldamento dei mari potrebbe accelerare questi cambiamenti ". Un’impasse politica, unita a cambiamenti ambientali ancora in atto, potrebbe ridurre il successo riproduttivo di queste popolazioni, creando una tempesta perfetta che mette a rischio la salute futura di queste importanti popolazioni ittiche.

 

Katherine Longo conclude: “Per evitare che simili conflitti avvengano anche nel Mediterraneo e per mitigare l’effetto del cambiamento climatico sugli ecosistemi marini, le istituzioni di gestione della pesca svolgono un ruolo fondamentale. Anche se molti aspetti degli effetti del cambio climatico sono ancora oggetto di ricerca, sappiamo già che per garantire la protezione delle risorse è essenziale stabilire limiti di sfruttamento sulla base di monitoraggi frequenti e regole adattabili, in grado di rispondere rapidamente a un mondo molto più variabile. Per questo MSC sta svolgendo una valutazione globale dei rischi del cambio climatico per la gestione sostenibile della pesca[7]”.


[1] Free, C. M., Anderson, S. C., Hellmers, E. A., Muhling, B. A., Navarro, M. O., Richerson, K., Rogers, L. A., Satterthwaite, W. H., Thompson, A. R., Burt, J. M., Gaines, S. D., Marshall, K. N., White, J. W., & Bellquist, L. F. (2023). Impact of the 2014–2016 marine heatwave on US and Canada West Coast fisheries: Surprises and lessons from key case studies. Fish and Fisheries, 00, 1–23. https:// doi.org/10.1111/faf.1275

[2] https://www.un.org/en/climatechange/science/climate-issues/ocean-impacts

[3] Ali, E., W. Cramer, J. Carnicer, E. Georgopoulou, N.J.M. Hilmi, G. Le Cozannet, and P. Lionello, 2022: Cross-Chapter Paper 4: Mediterranean Region. In: Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability. Contribution of Working Group II to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [H.-O. Pörtner, D.C. Roberts, M. Tignor, E.S. Poloczanska, K. Mintenbeck, A. Alegría, M. Craig, S. Langsdorf, S. Löschke, V. Möller, A. Okem, B. Rama (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, UK and New York, NY, USA, pp. 2233–2272, doi:10.1017/9781009325844.021.

[5] M Hidalgo and others, Risks and adaptation options for the Mediterranean fisheries in the face of multiple climate change drivers and impacts, ICES Journal of Marine Science, Volume 79, Issue 9, November 2022, Pages 2473–2488, https://doi.org/10.1093/icesjms/fsac185

[6] Fernandes, J.A., Frölicher, T.L., Rutterford, L.A. et al. Changes of potential catches for North-East Atlantic small pelagic fisheries under climate change scenarios. Reg Environ Change 20, 116 (2020). https://doi.org/10.1007/s10113-020-01698-3